“Mi chiamavano Maesutori”, Alessandro Maestri racconta la sua carriera

6 Gennaio 2022

L’ex lanciatore dell’Italia ha riassunto la sua vita sportiva, che dalla Romagna – e dal San Marino di Doriano Bindi – l’ha portato negli USA, in Messico, in Australia e in Giappone, dove nasce il soprannome che dà il titolo al libro.

L’articolo di San Marino RTV.

30 anni di baseball, di cui 16 spesi tra i grandi giocando in 18 squadre diverse sparse per 4 continenti, oltre a Europei, Mondiali e 4 World Classic con l’Italia. Fresco di ritiro, l’ex lanciatore Alessandro Maestri racconta la sua storia nell’autobiografia Mi chiamavano Maesutori. Scritta a 4 mani con Stefano Belisari, che poi sarebbe Elio delle Storie Tese. Co-firma d’eccezione per narrare un’avventura straordinaria, che ha portato il globetrotter Maestri ai quattro angoli del mondo. Una delle esperienze più importanti è quella in Giappone, dove venne coniata la storpiatura del suo cognome che dà il titolo al libro. L’altra grande tappa del suo viaggio sono gli Stati Uniti. Lì sfiora la Major League – giocando in pre season coi Chicago Cubs – ed è il primo di formazione italiana a esordire nel terzo livello americano, la Doppia A, coi Tennessee Smokies. Poi anche Australia, Messico, una capatina in Corea del Sud e ovviamente l’Italia, con Rimini e con San Marino. 2 le stagioni in Repubblica, nel 2005, quando esordì tra i professionisti agli ordini dell’attuale manager dei Titani, Doriano Bindi, e nel 2018.

Diciamo che in questo libro parlo di tutto, da quando ero bambino fino all’ultimo anno da giocatore – dice Maestri – c’è la parentesi asiatica, ma parlo proprio di tutto quello che mi è successo in carriera, dagli Stati Uniti al resto. Mai mi sarei sognato di finire in Giappone, mi sono trovato catapultato in questo nuovo mondo, dove ho conosciuto una cultura incredibile e realizzato il mio sogno di giocare in Major League, davanti a 30mila spettatori. Sono soddisfatto, guardandomi indietro sono contento di aver potuto vivere tutte le esperienze racchiuse nel libro. Quello che mi porto dietro è proprio questo, un’esperienza di vita, oltre che sportiva“.